Da Capannori grande lotta alla plastica. Centro di Ricerca Rifiuti Zero e Comune scriveranno a marchi famosi come Barilla, Rana, Rummo e Almaverde Bio perchè producano imballaggi ecologici

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Avviso: i contenuti di questa pagina sono aggiornati al giorno 24 aprile 2024, ore 17:26

2019, Comunicati Stampa, Ambiente, Evidenza, Grandi temi, Rifiuti Zero
Il sindaco Luca Menesini con Rossano Ercolini

Da Capannori grande lotta alla plastica. Il centro di Ricerca Rifiuti Zero ed il Comune di Capannori, dopo aver recentemente scritto alla Ferrero perché sia realizzata una versione ecologica del bicchierino dell'Estathè, tornano alla carica e prendono nuovamente carta e penna per scrivere  ad altri 'marchi' famosi che utilizzano imballaggi non riciclabili principalmente realizzati in plastica mista ad altri materiali, affinché trasformino le loro  confezioni rendendole differenziabili.

Il centro di Ricerca Rifiuti Zero ha appena concluso un nuovo "caso studio" sugli imballaggi compositi (formati da un mix di materiali, in genere costituiti da cellulosa e da plastiche) non riciclabili allo scopo di sensibilizzarne i produttori.

'Caso studio' con cui si è riscontrato che i confezionamenti dei Tortellini Rana, della Pasta Rummo e delle Emiliane Barilla, ma anche di alcuni prodotti biologici di Almaverde Bio e di alcune catene commerciali (Conad ed Esselunga per i "Foodies") sono costituiti da imballaggi "accoppiati" il cui destino risulta lo smaltimento nell'indifferenziato non essendo nemmeno differenziabili. 

Parzialmente diverso è risultato il caso delle bustine per bambini dei Foodies (che contengono dei pupazzetti e delle figurine) che pur essendo differenziabili nella carta (praticamente impossibile è capire dalle istruzioni stampate sulla bestina tra l'altro in modo quasi illeggibile, dove collocarle) essendo miste a plastica contribuiscono poi a provocare il fenomeno dello "scarto di pulper" derivante dalle operazioni di riciclo della carta da macero. Simile il caso dell'imballaggio misto Aglute'n per alimenti senza glutine.

Particolare, poi, si è rivelato il caso delle Emiliane Barilla che presentano un imballaggio da smaltire nell'indifferenziato nel contesto di un'azienda che commercializza, invece, per esempio, biscotti in confezioni a prevalenza cellulosica (con presenza però anche di plastica) che possono essere differenziate ed avviate a riciclo. Chiederemo come mai Barilla non adotta una soluzione equivalente a quella adottata per i biscotti.

A brevissimo, a ciascuna azienda, verrà recapitata una lettera per sollecitare soluzioni alternative all'attuale insostenibile produzione di rifiuti in buona parte plastici e non riciclabili. 

“La Rivoluzione 'Rifiuti Zero' oggi ampiamente e con successo portata avanti dai nostri cittadini  che si impegnano nella differenziazione dei rifiuti e in altre buone pratiche ambientali  ha ora bisogno di uno sforzo concreto da parte delle aziende produttrici – dice il sindaco Luca Menesini  -. Il nostro obiettivo è rendere le aziende sempre più responsabili nel contribuire a ridurre la formazione dei rifiuti  cambiando la filosofia con cui realizzano i loro imballaggi. Solo così possono essere eliminati dal mercato e quindi dal circuito dei rifiuti materiali non riciclabili che inevitabilmente finiscono negli inceneritori”.

“Purtroppo troviamo marchi famosi che nella loro retorica pubblicitaria evocano la sostenibilità ambientale ma con poca coerenza, poiché continuano a mettere in commercio imballaggi non riciclabili – spiega Rossano Ercolini, responsabile del Centro di Ricerca Rifiuti Zero del Comune -.  Per questo abbiamo deciso di scrivergli chiedendo di sostituirli con altri ecologici, riciclabili o compostabili. Il nostro centro di ricerca sta redigendo una 'lista nera' degli imballaggi non riciclabili ben più vasta, purtroppo, di quella per la quale a brevissimo scriveremo  lettere di sensibilizzazione. Come sempre il nostro Centro non si limita a 'denunciare', ma offre la propria collaborazione 'open source'.  Il 21 settembre, infatti, insieme al Comune, stiamo organizzando presso il parco scientifico di Capannori  un workshop per confrontarsi con le alternative esistenti a cui sono già stati invitati importanti aziende del comparto alimentare, rappresentanti dei distretti industriali toscani e della grande distribuzione”.

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